V
ITA
, F
ESTE E
T
RADIZIONI DI
S.A
NTONIO
A
BATE
15
A
Serracapriola
, ridente paese al nord
della Puglia, è ancora viva la tradizione di
portare il “Sent’Endon”, cioè di girare per i
negozi e le abitazioni suonando strumenti
tipici della tradizione paesana e cantando in
vernacolo, canti dedicati al Santo, inneggianti
il riso, il ballo e i prodotti derivati dalla
lavorazione del maiale, quali mezzi per
“svernare”; a capo della comitiva c’è un
volontario vestito da frate a simboleggiare il
Santo che con la propria forcinella (lunga asta
terminante a forcina) raccoglie dolci e salumi
che vengono donati per ingraziarsi i favori del
Santo... A
Pietrabbondante
, in provincia di
Isernia, si rinnova ogni anno la tradizione di
accendere un colossale fuoco in piazza dove ci
si raduna e fra canti e balli si gustano dei piatti
tipici tramandati dai progenitori per i
festeggiamenti in onore di “sant’Antuono”:
R’SQUATTON (pasta, broda, vino e pepe)
R’GRANIET (zuppa di legumi misti a cereali)
R’ABB’LLIT (stinco, orecchie e muso di
maiale) L’ SC’RPPELL (dolci tipici simili alle
frittelle). In alcuni paesi della
pianura
campana
(Macerata Campania e Portico di
Caserta) in onore del santo i fedeli
costruiscono “carri” detti “Battuglie di
Pastellessa”. Molto spesso questi “carri”
vengono costruiti in maniera da sembrare dei
vascelli rifacendosi all’antica leggenda per cui
“Sant’Antuono” avrebbe compiuto il suo
viaggio dall’Africa su una barca. La
popolazione del luogo è molto attaccata alla
tradizione della sfilata, cui ogni anno
prendono parte più di 1000 giovani; sui “carri”
viene riproposta l’antica musica a pastellessa,
nata a
Macerata Campania
in epoca antica, e
gli strumenti utilizzati sono derivati da
attrezzi per i lavori nei campi (botti, tini e falci)
a causa del legame di tale festività con
ancestrali ricorrenze pagane, legate alla
celebrazione della rinnovata fertilità della
madre terra, in concomitanza con i cicli
astronomici che, fin dalla notte dei tempi,
hanno influenzato il calendario delle pratiche
agricole. In aggiunta il rito conserva un valore
apotropaico, secondo la convinzione che i
fuochi tradizionali e i rumori ossessivi e ruvidi
prodotti
dagli
‘strumenti’
potessero
spaventare e allontanare le presenze maligne
che si credevano proliferate tutt’intorno
durante la lunga notte invernale.
Gli Antoniani.
Nel 1088, i monaci benedettini dell’Abbazia
di Montmajeur presso Arles, vennero
incaricati dell’assistenza religiosa dei
pellegrini. Per quanto riguarda l’assistenza
corporale, fu un nobile, certo Gaston de
Valloire, che dopo la guarigione del figlio dal
fuoco di Sant’Antonio
, decise di costruire un
hospitium
e di fondare una confraternita per
l’assistenza dei pellegrini e dei malati.
Confraternita che si trasformerà nell’Ordine
Ospedaliero dei canonici regolari di
Sant’Agostino di Sant’Antonio Abate, detto
comunemente degli Antoniani. L’Ordine nel
1095 venne approvato da Papa Urbano II al
Concilio di Clermont e nel 1218 confermato
con bolla papale di Onorio III. La divisa degli
Antoniani era formata da una cappa nera con
una
tau
azzurra posta sulla sinistra, e con le
loro questue mantenevano i loro ospedali
dove curavano i pellegrini e gli ammalati.