Pagina 83 - UNA REGINA SEDUTA SUL MARE

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S
orge su un’altura prospiciente il mar
Tirreno, risale all’alto medio evo e l’ar-
cheologo Fea dichiara che dove ora è il
castello di Nettuno
si trovava un tempio dedica-
to al dio del mare dal quale trarrà poi il nome la
cittadina. E’ la tesi che amo maggiormente,
anche se non posso sottacere che la studiosa
Paola Brandini Vitucci in A
NTIUM
, A
NZIO E
N
ETTUNO IN EPOCA ROMANA
, in modo più scienti-
fico e rigoroso attribuisce la denominazione
Nettuno ad elementi geografici presenti sul ter-
ritorio, infatti il termine
neptunus
è utilizzato
in epoca classica per indicare specchi d’acqua
marina, mentre
noctunus
richiama la presenza
di un rapace che dimora talvolta presso costru-
zioni abbandonate,
la noctua,
la civetta.
Nel 916, dopo la disfatta dei Saraceni al
Garigliano ad opera di papa Giovanni X, divie-
ne possibile una vita normale nel litorale a sud
di Roma e si inizia la costruzione del borgo che
fortificato poi costituirà il nucleo, il cuore pul-
sante della moderna Nettuno.
I primi e poco numerosi abitanti del borgo,
superstiti dei Saraceni e della malaria delle
vicine paludi pontine dispongono di un territo-
rio che va da Lavinio ad Astura, profondo
diciotto miglia verso l’interno e vivono di cac-
cia e pesca.
Con l’ausilio di una minuziosa guida, da noi
solo rivisitata, opera del prof. Augusto Rondoni,
andiamo alla scoperta del borgo con un ipoteti-
co turista che volesse visitarlo.
Entriamo nel borgo da quella che un secolo fa
era piazza dei Pozzi di grano, poi piazza
Umberto I ed ora piazza Mazzini, e troviamo
dapprima il Palazzo Camerale che anticamente è
sede della Guardia del Borgo, in seguito sede del
Municipio, quindi la Torre con L’Orologio, atti-
gua al palazzo Baronale, già corte degli Orsini e
dei Colonna, Signori di Nettuno che delimita
piazza Marconi antistante la Collegiata, nel cui
ampio sagrato è la statua del Cicerone moderno,
l’oratore nettunese Paolo Segneri.
Dietro piazza San Giovanni, laterale alla
chiesa, si accede in via del Limbo ed in via San
Giovanni, trasversalmente collegate dal vicolo
del Limbo. Da via San Giovanni si entra in quel-
la piazza del Gelso, oggi Segneri-Soffredini,
dove nasce l’illustre oratore e sulla cui sinistra
troviamo via Forno a Soccio, fatta ad U, che si
collega con via delle Campane, retrostante la
sagrestia della chiesa e con via Antonio Ongaro,
dove si ammira una bella bifora trecentesca.
Allo sbocco di tale via, su piazza Marconi, lato
mare, troviamo un piccolo slargo, dove nasce via
del Cavone che tramite alcuni scalini scende
verso la balconata della Marciaronda, un tempo
sul mare ora sul moderno porto turistico, per
ridiscendere con altra scaletta, la parte occiden-
tale del Borgo, non distante dal forte Sangallo. I
palazzi Camerale e Baronale sono collegati con
un arco a tutto sesto dalla cui porta si entra in
via Marcantonio Colonna e poi nell’omonima
piazza, fino al 1944 parzialmente occupata dalla
chiesa del SS. Sacramento; questa parte orien-
tale del borgo si costituirà in un secondo tempo.
Da piazza Colonna troneggia verso il mare il
palazzo Doria Pamphili, edificato nel 1650 da
Camillo Pamphili sul preesistente villino del car-
dinal Cesi. Il palazzo poggia sulle mura di forti-
ficazione, è dotato di un meraviglioso giardino e
di sontuosi saloni affrescati dove si dice aleggi
ancora lo spirito vagante di donna Olimpia.
Piazza Colonna è collegata con la piazza e la
via principale del paese da via del Quartiere,
aperta solo negli anni trenta, mentre una lunga
scalinata porta in via dello Steccato, balconata
lungo le mura nord-orientali, per ridiscendere
poi in via del Baluardo presso il negozio Arte 70
di Leonardo Leonardi. Da piazza Colonna si
può anche scendere per l’antico vicolo della
Mola, ora via del Mare, che conduce alla sugge-
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A
LBERTO
S
ULPIZI
La storia sono fatti che finiscono col diventare leggenda
le leggende sono bugie che finiscono col diventare storia.
Jean Cocteau
L’Italia comincia a la solfatara
e finisce a l’o fiumitto.
Antico detto nettunese