Il sottosuolo di Nettuno deve la sua ricchezza di acque ad una falda idrica sotterranea che ha origine dalla zona vulcanica dei Colli Albani e che giunta al banco di macco e di sabbia su cui poggia la cittadina si perde in mille rivoli verso il mare.
Si originano così sorgenti e brevi corsi d'acqua di scarsa portata, ma che con il loro flusso costante contribuirono alla formazione, in epoca preistorica, di numerosi insediamenti umani, dall'addensamento dei quali nacquero poi i centri di Antium e Coeno. Acque superficiali
I corsi d'acqua traggono alimentazione dai trabocchi freatici presenti in corrispondenza delle depressioni delle dune quaternarie (pleistocene superiore) che coprono il territorio nord di Nettuno.
I due più importanti, il fosso della Mola e il fosso Loricina, hanno direzione nord-sud e sboccano appena ad est del borgo in un terreno palustre che essi stessi hanno formato ricoprendo con limo un'antica lacuna nella quale era situato probabilmente l'antico porto Volsco detto "Cenone".
Altri corsi d'acqua con origine costante sono il fosso dei Tinozzi, il fosso della Seccia e quello di Foglino, presso il quale l'azione erosiva del mare sta mettendo in luce un insediamento arcaico, a conferma della rilevanza storica di questi fossi.
Acque sotterranee
La porosità delle calcareniti (macco) che costituiscono la roccia su cui poggiano gli abitati di Anzio e Nettuno ed una parte del loro territorio esterno, permette una diffusa circolazione dell'acqua del sottosuolo, facilmente raggiungibile con pozzi <<romani>>> ed "artesiani" di piccola e media profondità.
Lungo la costa dove il macco mostra le sue testate, quest'acqua sgorga liberamente con sorgenti perenni, la maggiore delle quali, quella della Fontana Vecchia, è stata, per larga parte della storia di Nettuno, l'unica fonte di approvvigionamento.
Acquedotto dì Carano
Al costante aumento delle popolazioni di Anzio e Nettuno ed alle loro crescenti necessità si venne incontro immettendo gradualmente nella rete idrica le acque sorgive e quelle catturate nelle vene del macco. Nel 1955 funzionavano ben undici impianti distribuiti su tutto il territorio a distanze fino a sei km. dagli abitati (acqua del Sambuco, Fontan di Papa, Sana e Ferrovie, ecc.), che si innestavano in vari punti della rete.
Nel 1929 i fratelli Ezio e Galileo Scavizzi posero le basi per una integrale soluzione del problema idrico. A loro spese riuscirono ad individuare nella zona di Carano il bacino sotterraneo che alimenta la falda idrica delle due cittadine. Le 5 polle sorgive erogano da allora circa 150 litri al secondo, pari a 13 milioni di litri quotidiani di acqua potabile.
Il 26 gennaio 1935 i Comuni di Anzio e Nettuno si costituirono in consorzio con la Università Agraria di Nettuno con la finalità di "acquistare le sorgenti di Carano, costruire l'acquedotto e gestire l'esercizio". Ciò fu possibile solo nel 1955, a causa di un lungo contenzioso con i proprietari e degli eventi bellici.
Per far fronte al rapido aumento delle esigenze idriche, nel 1970 l'acquedotto fu potenziato con acqua proveniente dalle falde della piana pontina e di proprietà della Cassa per il Mezzogiorno (ora: Regione Lazio) pozzi località Giannottola e Campo di Carne.
Attualmente il Consorzio Acquedotto di Carano ha la capacità di erogare 600 litri al secondo.
Carbonari Giuliano
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