Pagina 74 - costume di nettuno 2

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Lazio e della campania
6
» molto in voga nel
seicento come ornamento e per raccogliere
i capelli.
Gli abiti delle donne di nettuno furono
oggetto di particolare attenzione come
viene testimoniato anche da carlo
bartolomeo Piazza il quale così scrive:
«osserviamo di curioso delle antiche costu-
manze, delle quali sono costantemente
osservanti, e gelosi questi popoli; nell’anno
santo sacro del 1675 celebrato da clemente
X e del 1700 dalla santa memoria di
Innocenzo XII, l’abito degli uomini, ma più
delle donne, nelle religiose, e devote pro-
cessioni che per venerare le sante basiliche
di Roma usavano, nelle quali in un abito
graziosamente modesto e giudiziosamente
umile e vagamente sincero miravanzi le
antiche usanze de’ popoli Latini, conserva-
te con più studio di verun’altro castello del
Lazio, che queste nettunesi e ciò che più
recava motivo di curiosa osservazione, la
diversità degli abiti medesimi dalle marita-
te, dalle vedove, e dalle zitelle tanto nella
forma, quanto nella diversità de’ vari colo-
ri, […] dove con savia distinzione miravasi
la gravità del portamento delle prime, la
serietà ed abiezione delle seconde, e la
modestia innocente della terze. e perché
usavano alcuni ornamenti ancora propri
degl’imperatori, del papa e vescovi, come i
sandali, la porpora ed altro; durò fatica
Gregorio XIII, a ridurli ad un abito antico
sì, ma communale con la spesa della
camera, per la prima volta
7
».
Il colore del costume ha avuto sempre,
nel tempo, una connotazione di alto valore
simbolico e metaforico in particolare «il
rosso […], è considerato, il valore metoni-
mico per denotare e designare gli albori
dell’esistenza sia storica che individuale.
Le cosmogonie sottolineano, di fatto, la
comparsa e la presenza di una formazione
rossa (simbolicamente rappresentata da un
nucleo di fuoco sotterraneo, pulsionale e
passionale) nell’abisso del nero, accadimen-
to indubbiamente interessante, da un
punto di vista psicologico, in quanto questa
presenza simbolicamente anticipa la com-
parsa della vita psichica, la quale misterio-
samente e progressivamente si struttura
nell’indifferenziato con il graduale emerge-
re dell’individualità dall’interno dell’incon-
scio originario.
Il rosso come colore del fuoco è il sim-
bolo dello spirito (la divinità, nel suo aspet-
to di spirito, viene frequentemente raffigu-
rata come fuoco) che anima la materia:
quando nello spazio nero dell’increato e
dell’indistinto qualcosa incomincia a pren-
dere forma compare il colore rosso, archeti-
po, per questo motivo, della possibilità e
della potenzialità che lo spirito trasfonde
nella materia, tanto che Franz (Von) (1989)
ha sottolineato che
il rosso è simbolo dell’es-
senza della vita»
8
.
L’idea che il colore rosso derivi da abiti
saraceni trova la sua giustificazione oltre
che dalla copiosa tradizione letteraria dal
fatto che il biografo del re Ruggero Idrisi
menziona
astunah o madinah astunah,
vale a
dire il mercato di astura. È ormai certo che
il litorale tra capo d’anzio ed astura sia
stato usato dai saraceni come luogo di
approdo, di sosta, punto di partenza per
attacchi nell’entroterra. del resto a partire
dal 537 i bizantini usarono il porto
neroniano per sbarcare e portare soccorso a
Roma
9
. tra l’XI e il XII secolo ed a partire dal
XVI secolo la torre diveniva un presidio con-
tro l’attacco dei turchi
10
. un ulteriore docu-
mento della particolare attitudine del luogo
per sbarchi di truppe viene da un documen-
to del cinquecento che attesta: «l’anno poi
1556 esercito spagnuolo dal duca d’alba,
General di carlo V imperatore contro le
genti della chiesa e Francesi, prese questo
castello giudicandolo luogo molto accomo-