C
LEMENTE
M
ARIGLIANI
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te legaccioli di pelle, che possano o no salire
sulla gamba protetta dalle pezze di tela bian-
ca che avvolgono il piede o salgono talora
fino al ginocchio»
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.
Un discorso a parte meritano i gioielli
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che venivano solennemente ad impreziosi-
re il collo o ad ornare le orecchie delle
donne in occasione delle feste
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e che oltre
ad esibire uno stato sociale o ad ingentilire
la persona assumevano un valore apotro-
paico. «I gioielli, posizionati in alcune parti
specifiche del corpo, orecchie, collo, dita,
polsi, caviglie e capelli, completano defini-
scono e rendono più attraente l’aspetto
esteriore, che già è caratterizzato dalla pre-
senza (o assenza) del vestiario. Grazie alla
scelta di particolari ornamenti, l’individuo
viene ulteriormente connotato sia estetica-
mente sia socialmente. I materiali usati,
solidi e preziosi o semipreziosi, le forme e
gli ornati attirano lo sguardo e comunicano
messaggi: all’interno del gruppo per comu-
nicare che quell’individuo ne fa parte e
quale ruolo in esso ricopre; all’esterno per
fornire una prima distinzione fra “noi” e gli
“altri”, segnalando una particolare appar-
tenenza etnica o municipale»
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. Ormai i tra-
dizionali abiti popolari, in riproduzioni più
o meno riuscite sfilano (anche se sempre
più raramente) soltanto nelle processioni
patronali. I rari modelli originali conservati
ad opera di pochi meritevoli appassionati si
conservano nei musei, affidati alle cure di
conservatori che amorevolmente cercano di
riproporli in mostre intelligenti con l’inten-
to di trasmetterli a futura memoria.