Pagina 52 - costume di nettuno 2

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C
LEMENTE
M
ARIGLIANI
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ro egli lascia in sito con lei convenuto alcun
fiore che esprima l’animo suo, la pace o lo
sdegno, la gelosia o l’amore, e così ella usa
con lui. A costumanza tanto gentile può
contrapporsi quest’altra che parmi sentire
alquanto del feroce: primo pegno d’amore
dona l’amante alla sua bella un coltello ser-
ratoio di quelli appunto proibiti dalle leggi,
e se avvenga che si cruccino fra loro la
donna rende all’innamorato quest’arma,
con che intende di non voler più con esso
amoreggiare. Niuno ha saputo qui darmi
una spiegazione di così fatto uso, ma se io
dovessi in alcun modo interpretarlo, parmi
valga a significare che la donna debba
difendere fino al sangue il proprio onore e
la fede data, a cui abbia impegnato il suo
affetto. Ma io debbo oramai parlare anche
delle nozze. Poiché queste sono convenute e
stabiliti i patti, la mattina in cui gli sposi si
recano alla chiesa, tutti i parenti ed amici
loro, maschi e femmine, si raccolgono vesti-
ti in abito da festa nella casa della sposa,
donde precedendo in larga schiera i maschi,
tra’quali incede lo sposo ed appresso egual-
mente a schiera tutte le donne che alla
sposa fanno corteo, come giungono alla
porta della chiesa, gli uomini si soffermano
al di fuori in due fila lasciando entrare
prime le donne come per onoranza.
Compiuta nel tempio la sacra cerimonia, ne
riescon primi gli uomini stessi, e posti in
eguale ordinanza che nello entrare, ora
avendo in lor compagnia il sacerdote che il
santo vincolo benediceva, tornano alla casa
dove è apparecchiato un copioso pranzo
che non è a dire se passi fra il riso e le gioie.
Al finire di questo sorgono i convitati e
postisi ordinatamente attorno alla stanza
del banchetto, la sposa con un piatto ricol-
mo di confetti e di ciambelle va in giro
offrendone a ciascuno che in ricambio dona
a lei su quello istesso piatto una qualche
moneta od altro presente»
37
.
I costumi più belli venivano usati in
genere nei giorni di festa, nelle ricorrenze
religiose, nelle processioni dei santi patroni
ma era molto vivo anche l’interesse per il
carnevale ed i costumi dei Castelli Romani
o di Nettuno in modo particolare venivano
riadattati o spolverati per l’occasione.
Durante il carnevale «Roma poteva toglier-
si tutte le malinconie. Le grandi processioni
di carri, i cortei, la fiera di Piazza Navona,
la corsa dei
barberi,
il getto di fiori e dei con-
fetti, i moccoli… C’era da far venire il buon
umore anche ad un malato di fegato»
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.
Potremmo dire anzi che il carnevale
contribuì a prolungare in qualche modo
l’uso dei caratteristici costumi come ci tra-
manda Augusto Tersenghi nella romantica
testimonianza lasciataci del costume veli-
terno. «Qualche raro esempio se ne vide
ancora nella prima metà del sec. XIX, ed ora
di esso non resta che la memoria, per la
comparsa che fa, quasi ogni anno, all’epoca
carnevalesca, uscendo da qualche antico
armadio, per essere indossato in occasione
di balli in costume.
Componesi esso,adunque, nella donna,
di una ricca veste di lama d’oro, o di seta, o
di broccato, tutta increspata a sottili pieghe
verticali; di un grembiule bianco, spesso di
pizzo di Venezia, con svolazzi al di dietro,
ove annodatasi; di un corsetto speciale di
raso, colorato fatto a forma di sella inglese,
e perciò detto
sellino
, con spalline anche di
raso, ed allacciatura al dorso con nastro di
colore;di un giubbino a vita di scarlatto,
con soprammaniche, fin sopra il gomito, o
di lama d’argento ricamate in oro, o in broc-
cato, oppure di seta ricamate a fiori, con
nastro a fiocco di seta per tenerle ferme
nella sommità del braccio.
Alle spalle un ampio fazzoletto triango-
lare finissimo di batista, orlato con pizzo a
giorno, ed acconciato, al di dietro del collo,
in modo da formare una scollatura squa-