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INCENZO
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ONTI
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tutta la durata dell’avvenimento. Esperti
addobbatori ed elettricisti, con l’aiuto di
lunghe scale, costruiscono archi di luce
lungo tutto il tratto di circa un chilometro
che la Madonna percorrerà. Sono 30 archi
con 6000 lampadine, stelle d’argento ed altri
scintillanti abbellimenti»
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.
Rampone più avanti ci fornisce un toc-
cante affresco del popolo di Nettuno:
«Primo sabato di maggio. Pomeriggio inol-
trato. Troppo piccola la piazza Marconi,
innanzi alla chiesa di San Giovanni, per
contenere la folla, che straripa nelle viuzze
attigue, e invade anche piazza Colonna.
Gli organizzatori cercano di fare in
modo che questa folla vociante entrata qui
alla rinfusa, ne esca ordinata e in silenzio.
Le insegne delle congregazioni funzionano
da punti di raccolta.
Quando ormai si fa fatica a muoversi,
l’ordine viene raggiunto e la processione
comincia. Viene aperta dal crocefisso della
confraternita con quattro lampioncini e
seguita da tutte le congregazioni. Piazza
Marconi si svuota lentamente mentre la pro-
cessione procede per piazza Mazzini. Arriva
da piazza Colonna il gruppo delle Figlie
della Croce che avevano atteso il loro turno,
ed entrano nella processione, che fa il giro
della piazza e scende per corso Matteotti.
È un fiume umano che fluisce lenta-
mente tra due ali di folla sui marciapiedi.
Fa pensare a certi fiumi tropicali su i quali
stagnano le erbe, e solo al centro l’acqua
fluisce lentamente.
Tutte le congregazioni hanno i loro
angioletti e paggetti. Le priore nel loro
magnifico costume, precedono la banda.
Seguono le autorità ed il clero.
Intanto nella basilica la Madonna è già
stata vestita dalle suore ed alcune fedeli che
hanno il privilegio di aprire le casse in cui
sono custoditi le sue vesti ed i suoi gioielli.
Nella piazza della basilica è già affluita una
folla di fedeli che non è organizzata in alcu-
na congregazione, ma che con la Madonna
ha un rapporto personale. Un rapporto stabi-
lito da preghiere solitarie serali, recitate sotto
voce accanto al proprio letto, o collettive e
sonore durante le funzioni in chiesa. Ognuna
di queste fedeli ha qualcosa da raccontare
sulle grazie concesse dalla Madonna.
È gente semplice: popolane o contadine
devotamente scalze, con un velo nero in
testa, un cero in mano e gli occhi luccicanti di
commozione. Sono le persone che credono
veramente, che non vengono mai sfiorate dal
dubbio, che ogni problema, ogni contrarietà,
ogni dolore lo raccontano alla Madonna e
attendono fiduciose. Lei può risolvere tutto.
Se poi le cose restano com’erano, vuol dire
che lei ha pensato che fosse più giusto così.
Sia fatta la sua volontà. Intanto, dalla pre-
ghiera hanno tratto conforto e serenità.
Beati coloro che sanno credere così, non
sapranno mai quali abissi può raggiungere
il dolore, quando si è soli e non lo si sa con-
fidare o dividere con alcuno.
La testa della processione ha raggiunto
la piazza ma non dilaga né si ferma: prose-
gue ed opera una conversione, ritornando
in corso Matteotti. Si arresta solo quando il
clero e i portatori raggiungono il tempio.
Sono gli unici ad entrarvi. Ne escono
dopo un po’. Il clero precede la Madonna
sorretta da quattro portatori. Al suo appari-
re si levano le invocazioni e i canti dei fede-
li, e scoppiano i mortaretti.
La banda intona un inno sacro. Coperta
di oro e gioielli e sfolgorante di luce, passa
sulla testa della folla la Madonna che venne
da tanto lontano e scelse Nettuno, come i
nettunesi hanno scelto lei.
Tutti i balconi sono gremiti. Dalle mani
di alcuni bambini partono stelline di lima-
tura di ferro, da quelle dei grandi, fuochi di
bengala. Dal torrione del Borgo rimbomba
una salva di mortaretti. È il sonoro ringra-