m
arina
S
ciarelli
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lavori domestici o in attività agricole sta-
gionali o ancora a gestire il vettovaglia-
mento negli accampamenti a seguito dei
mariti/fratelli militari) ed in effetti vi sono
testimonianze iconografiche che documen-
tano l’uso per le popolane di indossare
scarpe di cuoio, simili a stivaletti, modula-
te sull’abbigliamento maschile. un gioiello
amato dalle donne del popolo e tipico del
Quattrocento italiano pare essere stato il
vezzo di corallo naturale appeso con una
catenella al collo. Ben documentato è anche
l’uso di adornarsi con anelli molto sempli-
ci (spesso due per dito).
«
nel medioevo il corallo viene conside-
rato come una pietra e i lapidari lo citano
per i suoi poteri terapeutici e talismanici.
[…] Si credeva che il corallo si collocasse a
metà tra il regno vegetale e un mondo ina-
nimato che subendo una metamorfosi aves-
se cambiato la sua natura diventando
immortale ed incorruttibile in quanto pie-
tra dura»
14
.
anche le fasce sociali meno abbienti, in
qualche modo hanno ornato il proprio
corpo. Quando non avevano alcun vinco-
lo, tutti i popoli hanno preferito ornarsi
con l’oro, l’argento e le pietre preziose.
«
l’argento era scelto perché esprimeva le
virtù della luna, che con la sua luce fem-
minile rischiara la natura. l’oro invece era
identificato con il Sole, corpo di luce, non-
ché elemento della vita celeste. l’oro
metallo solare per eccellenza, incorruttibi-
le, “preserva la vita, conferisce dignità e
prestigio sociale, esalta il corpo definendo-
lo luogo magico, sacro, simbolico”. la
vistosità e tipicità dei gioielli popolari
erano dialetticamente contrapposti alle
classi dominanti, al loro sfarzo, alla loro
alterigia»
15
.
ora concludiamo facendo ancora un
salto di secolo: il Vecellio, nel testo che
accompagna
L
’
Habito delle donne di Gaeta
(datato 1520-1590), dove citava per altro
«l’acconciatura della testa con certe tova-
gliette, che cuoprono loro tutto il capo o
ancora le spalle», indicava «un cosacchino
di panno pavonazzo o rosso con maniche e
lungo mezza quarta sotto la cintura» (
Habiti
antichi et moderni di tutto il mondo
p. 224)
abito del tutto simile a quello di nettuno
del Settecento.
ma le donne di nettuno (riferisce dopo
un’attento studio letterario clemente mari-
gliani nel suo
Il costume di Nettuno
), nel
cinquecento vestivano così: «l’antico costu-
me (datato 1500, visto che gregorio Xiii nel
1575 fece una bolla che allungava le vesti e
copriva la scollatura) di scarlatto vivace e di
lana finissima, era composto di un abito
privo di maniche, che dalle spalle scendeva
poco sotto il ginocchio. aperto sul petto, era
stretto ai fianchi, circondati da una cintura
d’oro o d’argento (detta “antricella”), dalla
quale pendevano dei piccoli sonagli e che
stringeva la gonna formando delle pieghe,
le cui estremità erano ornate con trina aurea
o argentea, sulla veste e sul dosso veniva
posto un corsaletto a vita a foggia moresca,
scollato e chiuso sotto il seno con una fascia
di drappo ricamato in oro con arabeschi e
decorato, alle estremità, ancora con trina
d’oro e d’argento. ai piedi le donne calzava-
no eleganti “borzacchini”, cioè stivaletti alla
moresca. il capo era coperto da un drappo
variopinto avvolto a mo’ di turbante, che
ornava i capelli che scendevano sugli omeri
ed erano intrecciati con nastri colorati[…].
i numerosi gioielli erano anch’essi di stile
arabo»
16
.
ed ancora «Questo luogo [nettuno]
così come tutto il resto della costa, essendo
stato esposto ai saccheggi dei Saraceni fra
l’Viii e il iX secolo[…]. i cristiani avendo
preso il sopravvento, cacciarono questi
infedeli, o li uccisero, graziando solo le
donne e i bambini[…]. Si pensa dunque che