Pagina 160 - costume di nettuno 2

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m
arina
S
ciarelli
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declino, ha un solo vestito preziosissimo di
“raso cremisi recamato”, con una balzana
di raso turchino pure ricamata e sopra il
petto ottanta piccoli gioielli. […] nell’ italia
meridionale molto usati erano i pannicelli
sul capo (come ancora recentemente usava-
no le ciociare). […] piccoli accessori le aguc-
chie da pomella, aghi con capocchia, per
fissare i veli.
[
…] racconta ludovico il
moro alla cognata, marchesa isabella, che la
duchessa di milano, allevata da giovinetta
a napoli, e la propria moglie, Beatrice, allo-
ra duchessa di Bari, […] “essendo ora qui a
milano, se misseno heri che pioveva ad
andare loro due cum quattro o sei donne
per la terra a piedi cum li panicelli, sive
sugacapi, in testa per andare a comprare de
le cose che sono per la città; et non essendo
la consuetudine qui de andare cum li pani-
celli, pare che per alcune donne gli volesse
esser ditto villania, et la prefata mia consor-
te se azzuffò et cominciò a dirgli villania a
loro, per modo che se credeteno da venire a
le mani»
9
.
andando per ordine il taglio ci ricorda il
medioevo: nell’italia meridionale i tagli
vennero ad essere modificati dalle fogge
franco-normanne, in Sicilia dalle arabe,
nell’italia settentrionale dalle germaniche,
mentre a roma si fusero tutte, specialmente
nei dettagli, negli ornamenti, nei colori più
vivi «d’importazione francese, la cipriana,
con scollatura anteriore molto accentuata,
ma con le mammelle velate da altra stoffa
[…] busto corto tagliato orizzontalmente
intorno alla vita e gonna lunga fino a terra
ma senza strascico, a pieghe, chiusa davan-
ti e di lato»
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.
gli abiti di uso quotidiano erano confe-
zionati in casa dalle donne. Soprattutto in
ambito popolare, i vestiti venivano portati
fino al logoramento. il costume femminile
‘tipo’ era costituito da diversi elementi:
biancheria intima (mutande), di cui si inco-
minciano ad avere rare attestazioni proprio
a partire da XV secolo; oppure la cosiddet-
ta
faldia
, una sorta di sottana di fustagno o
di tela, che le donne dei ceti benestanti por-
tavano sotto le altre vesti perché, con cerchi
di stoffa o bambagia, teneva gonfi e stesi gli
indumenti soprastanti; camicia di tela bian-
ca, ampia, con maniche dritte che arrivano
fino al polso e lunga fino alle caviglie; que-
sto indumento ‘intimo’ rimaneva in vista al
di sotto delle vesti in corrispondenza dello
scollo e delle maniche. gamurra: veste sem-
plice, sfoderata, di panno di lana aderente
al busto e larga a campana fino ai piedi (tale
veste disegnava una vita alta e stretta e
fianchi larghi, con riferimento ideale alla
fertilità della donna), con scollatura tonda o
quadrata.
così ritroviamo il costume di nettuno
scamiciato con vita alta e gonna attaccata
con pieghe. notiamo che il corpetto non
richiede stecche (come nel medioevo che
non era ancora in uso l’utilizzo di rinforzi
nei bustini). la stoffa principalmente di
lana cotta per il popolo, rasi, sete e velluti
per il ceto più agiato. la plissettatura che si
riscontra nel costume riprodotto dall’otto-
cento ai giorni d’oggi era allora ottenuta da
una cucitura talmente serrata da rendere il
tessuto a “cannoncino”. Si usava utilizzare
un grande quantitativo di stoffa, fino a 5
metri per la larghezza, tale quantità per-
metteva di dare ricchezza alla veste, il cor-
petto e la gonna uniti insieme da una com-
plicata cucitura erano allacciati ai fianchi
con fiocchi che permettevano di poter cam-
biare taglia o destinataria del vestito senza
dover modificare il taglio. Questa chiusura
fu adottata per far aderire l’abito al corpo
secondo i dettami del “nuovo stile”, che lo
voleva stretto ed aderente pur mantenendo
una certa scioltezza di movimenti: lungo i
fianchi, asole con relativi lacci davano
forma al vestito. Facilmente realizzabile,