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Incenzo
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come appare dall’esemplare conservato
presso il castello sforzesco di milano, è
ricco di numerose attestazioni iconografi-
che (stampe, figurine, foto, le prime risalen-
ti al primo quarto dell’ottocento) che sotto-
lineano l’autenticità del modello, non della
confezione assolutamente non credibile nei
materiali utilizzati. L’esemplare esposto,
infatti, è caratterizzato da veste di raso (uno
dei tessuti forse meno «popolareschi» ma
tra i più usati nelle «ricostruzioni» fino ai
giorni nostri), di seta cremisi, con corpetto
senza maniche, scollo rotondo impreziosito
da passamaneria d’oro a fuselli, allacciature
con stringhe ai lati, rinforzati da stecche,
gonna ricca (sette teli), profilata in basso da
gallone giallo-dorato; pettorina di taffetas
azzurro, ricamato al centro con oro lamella-
re e filato, bordata di merletto pure dorato
a fuselli; giacchina del medesimo raso, leg-
germente svasata, piccoli spacchi ai fianchi
e sul dorso, bordati dallo stesso tipo di pas-
samaneria a fuselli (di tipo settecentesco),
maniche lunghe sagomate con risvolti
azzurri ricamati in oro, come la pettorina.
L’acconciatura, di tela rada di lino ecrù,
operato a righe orizzontali con oro ed
argento filati e lamellari e seta rossa, di
forma rettangolare, di dimensioni ridotte,
frangiata, è irrigidita da cartoncino e da
fodera di tela di lino.
Rimane solo una coccarda, delle due
documentate, applicata sul petto, i lunghi
lembi di nastro bianco ricamato in argento
e oro svolazzanti. Il modello in questione
risulta particolarmente interessante per la
semplicità elegante che lo caratterizza,
nonostante l’utilizzo anacronistico dei mer-
letti metallici ed improbabile del raso»
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.
Il momento di maggiore esaltazione del
costume avveniva in occasione dei matri-
moni, delle solennità religiose e delle feste
patronali. un racconto molto interessante ci
è stato tramandato da tullio dandolo che
insieme a Francesco bassanelli, medico di
albano, nel 1857 assistettero ad una festa di
matrimonio a nettuno. «nozze celebrate la
stessa mattina tra giovani di aggiate fami-
glie terrazzane, fornivano occasione a stra-
ordinarie allegrie, delle quali era centro
l’osteria ove scendemmo. Il dottore noto
allo sposo, fu tosto invitato, ed io con lui a
pigliar parte alla cena ed al ballo. […] mi sto
contento a ricordare come in quell’animato
ritrovo mi avvenisse d’ammirare più che
dianzi non avea fatto, la
maschia
bellezza
delle donne di questi dintorni, e la singola-
re magnificenza di loro abbigliamenti. Le
nettunesi nei giorni di comparsa vestono
stoffe di seta dei più vivi colori, ed un cor-
petto di velluto cremesi ricchissimamente
ricamato in oro, sul fare dei
dolmani
de’
nostri ufficiali superiori degli usseri: la
camicia di tela finissima si presenta con bel
garbo pieghettata e ricamata ove il corsetto
si apre, e segnando contorni a forme d’ordi-
nario marcate un poc’oltre il prescritto del-
l’arte greca, aggiunge vaghezza al ben torni-
to collo ed al viso piuttosto abbrunato, ma
brillante de’ colori d’una serena e forte gio-
vinezza, i capegli son neri, nerissimi e bril-
lanti gli occhi, mal avvezzi ad abbassarsi.
delle danze che tennero dietro al ban-
chetto nuziale rimanemmo brev’ora spetta-
tori, la stanchezza ci invitava al riposo; e, a
dirla schietta, quelle viragini nettunesi in
assetto usseresco, pittoresche a vedersi
sedute, o in pié atteggiate a gravità di por-
tamento e serietà di viso, perdevan molto
ad incompostamente dimenarsi in quel loro
ballo, che ha nome
saltarello
. augurammo
buona notte
alla sposa, la quale non arrossò
per questo, forse perché il moto violento
avea già elevato il rubbore delle sue gote al
più alto grado di cui eran suscettive e,
ritratteci alle nostre camere, non tardammo
ad addormentarci a suono di violini e di
flauti»
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.